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Efficacia della terapia psicoanalitica

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Efficacia della terapia: un vero cambiamento



Dott.ssa (rivolgendosi a Cristina): E’ da un po’ di mesi che lei non partecipa agli incontri di gruppo.
Cristina: Sì, tre mesi fa ero molto depressa e volevo concentrarmi esclusivamente su me stessa. Adesso, invece, sto bene.
Riassumo la mia storia. Ho avuto problemi di bulimia per circa nove anni; alternavo periodi di digiuno a periodi in cui erano frequenti le abbuffate, perché sentivo la mancanza del cibo.
Da quando ho iniziato la terapia con la Dottoressa, fin dai primissimi incontri, ho smesso di abbuffarmi. All’inizio, non seguivo una dieta equilibrata e cercavo di mangiare solo insalata. Dopo tre mesi di terapia, all’improvviso, ho iniziato a mangiare in modo regolare.
Io avevo anche il problema degli attacchi di panico, per due anni ho vissuto con la paura di morire d’infarto. Ora questi sintomi sono scomparsi! Sono scomparse anche le fissazioni sul corpo. Oggi mi piaccio, mi accetto così, mangio regolarmente, conduco una vita normale, studio, sono fidanzata, sono felice. Insomma, sto veramente bene!

Cambiamento nella percezione del corpo
Dott.ssa (rivolgendosi a Cristina): Tornando al discorso alimentare, lei diceva nel primo incontro: “Mi sentivo grassa e, mangiando, cercavo di colmare qualcosa, un vuoto, un senso di insoddisfazione. Mangiavo fino a sentirmi male. E poi vomitavo il cibo nello stesso ordine in cui l’avevo ingurgitato; ero tranquilla quando arrivavo alla fine”.
Si ricorda?
Cristina: Sì.
Dott.ssa: E poi: “Io non sono contenta, non mi piaccio. Non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio. Penso continuamente a come vorrei essere, ci penso tutto il giorno. Io mi sento più intelligente, più estroversa, più simpatica… mi applico di più, valgo di più quando sono magra. Da quando sono più grassa, mi sento ignorante, inadeguata, incapace di fare qualunque cosa”.
Cristina: In questo momento non è più così, anche se mi ricordo di aver detto queste frasi.
Dott.ssa: Sono le sue parole. Dove sono andati a finire questi pensieri?
Cristina: Non ho idea di dove siano andati a finire, so solo che adesso non esistono più. Quando ho detto quelle cose, avevo in mente l’immagine di un corpo magrissimo, che per me era simbolo di eleganza, pulizia e perfezione.
Dott.ssa: Come considera queste parole?
Cristina: Mi sembrano strane! Adesso che sono fuori da quell’ottica, vedo tutto come impossibile.
Dott.ssa: C’era però una logica nei suoi pensieri. Riesce a rintracciarla?
Cristina: Faccio un po’ fatica a cogliere una logica in quello che pensavo. Ero anche condizionata dall’ambiente che mi circondava e dal tipo di vita che conducevo. La mia vita era molto superficiale, contava soprattutto l’apparenza; anche i rapporti con la gente erano molto superficiali. Ho vissuto per cinque anni a contatto con il mondo della moda, perché il mio ragazzo lavorava per uno stilista famoso. Mi identificavo pienamente in quel mondo, l’ambiente della moda si era sostituito alla mia famiglia. In quel mondo, importava soltanto essere magre ed essere belle.
Dott.ssa: Però poi ha capito che il desiderio di appartenere a quel mondo era una conseguenza del suo modo di essere. C’è sempre stata una sua predisposizione al volersi sentire magra.
Cristina: Sì, è certamente così. La settimana scorsa, dopo una seduta, ho avuto un flash e mi sono resa conto che il problema del peso era già presente a otto anni. Ricordo un giorno in cui mi trovavo a casa di mia cugina, che era un po’ in carne, e continuavo a chiederle: “Ho le gambe magre? Ho i polpacci magri?”. Già a otto anni sentivo il bisogno di ricevere conferme sulla mia magrezza…


Tratto dal libro: “Il cibo dell'anima”, di Arianna Nardulli, edizioni Centropsiche, 2010 (su concessione dell’Autore)

 
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